I Masai (o Maasai)
sono un popolo che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e Tanzania. Considerati spesso nomadi o semi-nomadi, sono in realtà tradizionalmente allevatori transumanti, e oggi spesso addirittura stanziali (soprattutto in Kenya). La transizione a uno stile di vita stanziale si accompagna a quella dall’allevamento all’agricoltura come fonte primaria di sostentamento; questa trasformazione è evidente nei clan masai kenioti come Kaputiei, Matapato e Kikunyuki. I masai parlano il “maa”, da cui il nome dell’etnia che è da loro pronunciato maasai. La lingua appartiene al gruppo delle lingue nilo-sahariane ed è dello stesso ramo delle lingue di popoli nilotici quali i pokot, i dinka ed i nuer. I masai sono il popolo nilotico che, in Africa, vive più a meridione. Oggi sono divisi in dodici clan (Keekonyokie, Damat, Purko, Wuasinkishu, Siria, Laitayiok, Loitai, Kisonko, Matapato, Dalalekutuk, Loodokolani e Kaputiei)
Storia
I masai raccontano che la loro origine ebbe luogo quando il progenitore di tutti i masai – Mamasinta – risalì il grande burrone. Il riferimento geografico calza bene con la serie di ripide scarpate che separano la valle del lago Turkana, nel nord del Kenya, dagli altopiani centrali del paese. Combinando la tradizione orale con gli indizi linguistici e archeologici, si sa che i masai hanno iniziato la loro migrazione verso sud dalla valle del Nilo verso il XVI secolo. Si trattò di una grande migrazione di popoli nilotici che daranno vita a tutti i nilotici che ora vivono nel sud del Sudan, in Uganda, in Kenya e in Tanzania. I masai dividevano il territorio in aree sotto il loro stretto controllo – ogni clan conosceva l’estensione di sua proprietà ed ogni famiglia del clan conosceva perfettamente i terreni loro appartenenti. C’erano anche aree di passaggio e di pascolo libero, usate solitamente in caso di carestia o particolare siccità, e aree condivise con altri gruppi etnici, ad esempio i monti del Mau Range, le foreste abitate da Ndorobo, Elgeyo e Marakwet, le aree di confine con i Kikuyu. I masai vennero chiamati con il nome di feroci guerrieri. Queste dicerie erano messe in giro dai portatori kamba e dai mercanti arabi che volevano scoraggiare altri gruppi ad esplorare l’interno e stabilire rotte mercantili alternative. Se è vero che i masai usavano razziare il bestiame di altri gruppi etnici, questo è vero per tutte le etnie. Nei riguardi dei carovanieri schiavisti, si sa che i masai li combattevano solo se cercavano di catturare schiavi tra la loro gente. Le maggiori rotte usate dagli schiavisti passavano nel bel mezzo del territorio masai, e la tratta è continuata per almeno tre secoli. Nei confronti dei coloni bianchi, si conosce un solo caso di attacco di massa. Si trattava di una vendetta dopo che un gruppo di inglesi aveva ucciso dei buoi e rubato altri capi di bestiame nella zona dell’odierna Mahi Mahiu, a circa 50 km ad ovest di Nairobi. Tra il 1883 e il 1902, i masai soffrirono a causa della peste bovina e del vaiolo. Negli stessi anni, una serie di siccità (non piovve totalmente nel 1897 e 1898[2]) portò alla morte di gran parte del bestiame e forse di un terzo della popolazione. Allo stesso tempo, lotte interne portarono alla scomparsa quasi totale di alcuni clan, quali i Laikipia, e a nuovi rapporti tra i diversi clan. L’arrivo dei colonizzatori inglesi corrisponde a questo periodo di debolezza sociale dei masai che, con due trattati nel 1904 e 1911 videro il loro territorio drasticamente ridotto in Kenya. Altro terreno venne perso con la creazione dei grandi parchi nazionali della regione Amboseli, Hell’s Gate, Masai Mara, Nairobi, Samburu, Lago Nakuru e Tsavo in Kenya; Lago Manyara, Ngorongoro, Tarangire e Serengeti in Tanzania. Occorre però dire che molte aree di questi parchi sono ora aperte al pascolo o lasciate in gestione alle comunità locali. Proprio perché le loro terre gli sono state sottratte per far spazio ad aziende agricole, allevamenti o parchi nazionali gestiti dal governo, i Masai sono oggi costretti a vivere nelle aree più sterili e aride.
Cultura
I masai sono tradizionalmente pastori, e la loro cultura gravita attorno alla cura del bestiame. Ci sono prove certe di un periodo agricolo prima dell’arrivo nelle aree che occupano odiernamente, e la tendenza verso l’agricoltura e la sedentarizzazione è sempre più spinta a causa dei pascoli sempre più limitati e dal bisogno di denaro contante che ha sostituito il sistema di baratto della società pre-coloniale. I masai hanno una struttura patriarcale, e gli anziani hanno potere decisivo quasi assoluto per quanto riguarda gli affari comunitari. Il consiglio degli anziani è anche chiamato a dare giudizi legali qualora due o più contendenti non siano d’accordo su come applicare le leggi orali. Non esiste la punizione capitale, ma pene severe possono essere comminate ad assassini e a coloro che gravemente mancano di rispetto agli anziani. Nei casi più semplici, una richiesta di scuse, un pagamento di una multa in bestiame, sono sufficienti a porre fine ad un caso giuridico. Nel caso di assassinio, se si provano la colpevolezza e la mancanza di attenuanti, il colpevole dovrà pagare una multa e può essere condannato a non passare sulle terre del clan della vittima. In caso contrario, chiunque della famiglia della vittima potrebbe ucciderlo senza essere considerato colpevole. Tale punizione può essere troppo difficile da sopportare e spingere il reo a lasciare la sua zona di residenza. In questo caso, sarà sempre trattato da straniero dovunque andrà a stabilirsi, con una notevole caduta sul piano sociale e perdita di autorevolezza nel consiglio degli anziani. Gli anziani decidono quando iniziare un nuovo gruppo di iniziazione, che dà vita ad un nuovo gruppo di età. Essi sceglieranno chi sarà ammesso alla prima e alla seconda chiamata (gruppo della destra e gruppo della sinistra). A loro è affidato il compito di decidere i vari ruoli degli iniziati. Alcuni di questi, ad esempio l’oloibon (sacerdote), dureranno tutta la vita. Tutti i passaggi di età – iniziato, moran (guerriero), giovane anziano, anziano – verranno scanditi da una preparazione segreta, da rituali specifici, che spesso richiedono la costruzione di un recinto particolare (manyatta), diverso dalla normale casa (enkang). Altri rituali riguardano la nascita e la morte. Le donne hanno anch’esse un sistema di iniziazione parallelo a quello maschile fino al matrimonio. Dopo il matrimonio, la donna partecipa ai rituali di passaggio del marito. Rituali particolari vengono decisi per la richiesta della pioggia e nel caso di infertilità femminile.
Dieta
Come tutti i popoli pastori nilotici, anche i masai basavano la loro dieta sul bestiame e su quello che trovavano in natura. Carne, latte e il sangue di toro erano quindi il cibo più comune. Oggi, la dieta masai ha subito una grande trasformazione. Sempre più masai coltivano la terra e un normale pasto sarà a base di polenta bianca – ugali –, verdure cotte – mchicha in Tanzania e sukuma wiki in Kenya, – patate e cavoli. La carne viene consumata in giorni particolari. Al mattino si mangia una specie di pastone ottenuto facendo bollire del miglio o della farina di mais nel latte. Si può inoltre trovare il chai, un tè cotto nel latte e acqua, spesso aromatizzato con del ginger. Il latte si beve, ma più spesso è lasciato fermentare e poi “mangiato”. In questo caso, solo un uomo potrà servirlo ai commensali.
Religione
I masai sono monoteisti e credono in Enkai, dio che si rivela con colori diversi a seconda dell’umore. Dio è nero (narok) quando è buono, rosso (nanyokie) quando è irritato. La vera natura di dio è difficile da capire, ma si sa che dio è soprattutto parnumin, il Dio di tanti colori, e cioè una realtà complessa. Dio ama gli esseri umani e li aiuta in caso di bisogno. In questo, dio è aiutato da una serie di esseri spirituali, alcuni dei quali sono da lui mandati a seguire le vicende umane. La persona incaricata dal sacro è l’Oloibon. Questi conosce i rituali ed è in grado di fungere da medium verso Dio, ma anche di portare il messaggio di Dio alla gente. L’Oloibon ha una funzione sacrale. Il suo ruolo sociale dipende dall’influenza personale e non dal suo essere dedicato al sacro. Spesso le donne hanno un ruolo sacrale. In molte famiglie, la donna è la prima ad alzarsi e benedice il recinto della casa ai quattro punti cardinali con acqua posta in una zucchetta e sparsa con un rametto di oseki, un albero sacro. La maggioranza dei masai è oggi cristiana, o vicina al cristianesimo.
Abitazione
Mentre nel passato le abitazioni erano fatte per resistere poco tempo, negli ultimi due secoli i masai hanno dato vita ad una casa (enkang) abbastanza standardizzata. L’enkang tradizionale prevede un recinto spinoso all’esterno per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’interno per accogliere il bestiame alla sera. Nel secondo recinto vi è anche un reparto separato per vitelli e agnelli. La prima casa sulla destra dell’entrata principale è la casa del capo famiglia, la seguente quella della prima moglie. La prima casa sulla sinistra sarà quella della seconda moglie, se presente. A seguire sono le casette per i bambini e le bambine. I figli vivono con la madre fino a circa 5 anni di età, dopo dormono da soli. L’uomo dorme da solo e fa visita alla moglie quando necessario. Le singole case sono fatte con sterco mescolato a fango e posto su una struttura di rami flessibili. La forma è ovale con l’entrata bassa nel punto di minor larghezza. All’interno la casa è divisa in tre sezioni. Al centro un focolare dove cucinare, ad un capo il letto dell’occupante, dall’altro lato il letto per i bambini o un piccolo ripostiglio. L’altezza massima della casa è di circa 1,5 metri. Tale tipo di costruzione sta ormai sparendo e lasciando il posto a costruzioni stabili in pietra o in lamiera metallica.
Danza Masai
Le canzoni accompagnano la danza, normalmente una serie di salti fatti a turno dagli uomini. Le donne muovono il collo in avanti e indietro, emettendo dei suoni che risultano sincopati. Le donne cantano canzoni mentre lavorano, specialmente alla mungitura, all’allattamento, e per lodare i propri figli. I moran cantano lodando i propri meriti, quelli del gruppo di età oppure per far innamorare una ragazza. Le arti grafiche non sono molto sviluppate. I disegni simbolici applicati al viso e al tronco durante alcuni momenti della vita hanno un significato spirituale più che di trasmissione di ideali. Non si fa uso di maschere, mentre il corpo viene modificato con tatuaggi o tagli. I disegni usati nella confezione di braccialetti e orecchini hanno un significato particolare. I colori usati indicano il clan di appartenenza, possono indicare lo status della persona, o dare un messaggio particolare: pace, concordia, disponibilità. Non si può parlare, però, di un uso di questi disegni per comunicare pensieri sofisticati, come accade in altre culture africane. In tempi recenti, i masai hanno sfruttato alcuni simbolismi per la produzione di oggetti da vendere ai turisti. Inutile dire che la maggioranza di questi oggetti sia prodotta in serie, e spesso da persone che non sono masai, ma che ne copiano lo stile. La produzione di lampade, mobilia, e utensili con segni masai non può essere considerata uno sviluppo culturale locale, visto che è stata fatta da artigiani stranieri alla cultura e che hanno semplicemente copiato uno stile e lo hanno applicato a oggetti di origine esterna all’etnia.
Modificazione del corpo
La modificazione corporea più evidente tra i masai è quella della perforazione del lobo delle orecchie e il conseguente allungamento della parte pendente del lobo. Il foro viene praticato usando un oggetto acuminato. Nel foro vengono inseriti spine e altri oggetti via via più grandi per aumentare progressivamente la lunghezza del lobo tagliato. Il lobo può poi essere ornato con perline, pezzi di avorio, orecchini. Questa pratica è sempre più rara, visto che i giovani non amano avere i lobi pendenti. Alcune sezioni masai praticano la rimozione dei canini nei denti da latte, pensando che possano causare malattie gravi ai bambini. Anche uno o due incisivi possono essere rimossi – negli adulti – per permettere l’alimentazione in caso di paralisi della mandibola, questa è almeno la spiegazione data a chi chiede la ragione di tale comportamento. In realtà la soluzione più probabile è quella per cui, essendo frequente il fenomeno del furto di bambini tra comunità, si marchiavano indelebilmente i bambini della tribù al fine di poterli riconoscere.
Abbigliamento
In tempi remoti, i masai vestivano di pelli, spesso colorate con colori vegetali. Anche i monili erano pochi, fatti con semi e fili di origine vegetale. Con l’arrivo dei colonialisti, i masai hanno cambiato il loro modo di vestire. Dai soldati inglesi, i masai hanno acquisito le tipiche coperte usate per il kilt. Ora queste coperte – shuka – di cotone a quadri con i colori predominanti rosso e nero sono diventate un simbolo del vestire masai. Oggi molti masai vestono usando due teli di cotone leggero che dalla spalle si incrociano sui lombi. Qui viene posto un terzo telo a coprire il bacino. Il tutto è fissato da una cintura di cuoio. Alla cintura è fissata una spada corta. Su questo vestito, i masai portano la shuka. Le donne preferiscono portare delle tuniche di colore blu, rosso o nero – il colore può indicare lo status sociale – a due strati. Anche le donne possono portare la shuka, ma è raro vedere questo comportamento fuori dal proprio enkang. Le calzature sono sandali di cuoio, sempre più spesso sostituiti da sandali ottenuti da vecchi copertoni di automobile. Al polso, un uomo masai può portare dei braccialetti di cuoio, legno, di perline o di metallo. Il braccialetto di metallo è prezioso in quanto è passato di padre in figlio. Un padre lo darà al figlio che egli considera migliore – non necessariamente il più vecchio – prima di morire. Questo braccialetto è così un segno di rispetto e di saggezza. Uomini e donne possono usare braccialetti di perline il cui disegno e serie di colori hanno a volte dei significati.